Il DNA assembla transistor

Da un articolo apparso sulla rivista “Science” del 21 novembre scorso apprendiamo che un gruppo di scienziati del Technion-Israel Institute of Technology hanno sfruttato le proprietà del DNA per creare un transistor autoassemblante su nanoscala, ovvero delle dimensioni dell’ordine di miliardesimi di metro. L’idea di fondo, spiega il fisico Erez Braun, a capo del progetto, è quella di usare la biologia per costruire transistor elettronici in grado di montarsi da soli, senza interventi da parte degli scienziati, partendo appunto da proteine del DNA ed agendo attraverso le tecniche della Biologia molecolare.
Per far autoassemblare il transistor, il team di ricercatori ha collegato un nanotubo di carbonio, del diametro di un miliardesimo di metro, in una posizione specifica di un segmento di DNA ed ha poi fabbricato nanocavi metallici che partono da molecole di DNA a ciascuna estremità del nanotubo. Il risultato è un transistor, un minuscolo interruttore elettronico che arresta e fa passare il flusso di elettroni, in grado di essere attivato o disattivato mediante una differenza di potenziale.
Il problema incontrato dal professor Braun è che il DNA non conduce energia elettrica; per questo i ricercatori hanno manipolato segmenti di DNA, aggiungendo determinate proteine che si legano insieme naturalmente, congiungendosi al nanotubo.
Questo risultato è uno dei passi per la realizzazione di quelli che in gergo scientifico sono chiamati wet computer ossia computer “umidi” nel senso dell’essere composti da parti organiche. Interruttori costituiti da una singola molecola potrebbero ridurre enormemente l’energia consumata dagli apparecchi elettronici rispetto ai circuiti integrati a stato solido odierni.
Tali recenti sviluppi ci mostrano la strada intrapresa da questa branca della ricerca scientifica nell’integrazione tra componenti meccanico-elettroniche e organiche.
Le applicazioni nella vita quotidiana di queste scoperte potrebbero essere molto interessanti permettendoci notevoli risparmi di tempo ed energia.
Il risvolto drammatico potrebbe, però, venire da applicazioni belliche delle nuove tecnologie e dalla costruzione di robot ibridi. A tal proposito, se avete letto l’articolo apparso nel precedente numero della nostra rivista, ricorderete che lo scienziato Steve Potter, il papà di Hybrot, il toporobot, affermava che sono in corso ricerche da parte degli Stati Uniti per la creazione di Androidi da mandare in guerra al posto dei soldati in carne ed ossa. Da qui e da altri insegnamenti che la storia ci ha fornito la necessità di un codice etico che gli scienziati di tutto il mondo dovrebbero redigere ed adottare.