La psicologia scopre l’anima - Carl Gustav Jung

Di tanto in tanto, sembra che tra le pagine della storia vengano a fare capolino personaggi che, da soli, riescono a sortire effetti rivoluzionari, e questo, spesso, senza necessariamente “inventarsi” idee nuove o concetti originali, piuttosto ricordando insegnamenti persi nel tempo o, semplicemente, ridestando l’interesse sull’uomo e sulle mille domande che vi ruotano attorno. Tra loro Carl Gustav Jung, senz’altro noto agli studiosi accademici di indirizzi diversi, nato fortemente in anticipo sui tempi ha assolto il delicato compito di ricondurre all’origine quelle “scienze” che, forse per tanto conoscere, avevano forse dimenticato il perché dei loro studi.
Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero di fine ottocento, fu un “filosofo” con il quale occorre fare i conti, ancora oggi, quando ci si appresta a studiare mitologia, religioni comparate, cosmologia e simbolismo. Tra le sue pagine, come in tutta la sua vita, risalta a chiare lettere l’esigenza di indagare gli ambiti allora ignoti e, con questi, quella conoscenza che oggi appartiene alla filosofia, alla psicologia del profondo… ad ogni uomo.
Forse la figura dello psichiatra del secolo scorso finisce per acquistare il fascino che gli ha permesso di sopravvivere al tempo: in lui, nelle sue produzioni, si possono ritrovare importanti perle di pensiero che, se individuate, possono restituire all’uomo un’immagine più ricca ed unitaria, quella stessa immagine oggi perduta tra i mille settorialismi e le tante contraddizioni di un’epoca come la nostra.
L’opera di Jung, che dapprima ben si affianca alla grande rivoluzione che fu la stessa Psicanalisi proposta da un altro eccellente personaggio, Sigmund Freud, è stato l’accorto collante tra la dimensione profonda di ogni uomo e quella più semplice, ma non meno emblematica, rappresentata dalla quotidianità. Cosa lega il sensibile e il mondo irrazionale? Dove conduce la mente dell’uomo? Cosa emerge al di là del tangibile? Cosa l’uomo porta con sé delle tante esperienze compiute su piani, forse meno concreti, ma che mai lasciano indifferenti? Partendo proprio dalla volontà di comprendere cosa legasse l’uomo “vigile” all’uomo inteso come abitante della dimensione interiore o fantasmagorica, le ricerche di Jung permisero il ritrovamento di un modo, forse originale, o che tale apparve, di guardare i sogni, quelle “buffe, grossolane e a volte ridicole, produzioni del mondo onirico”… La chiave ritrovata, attraverso la quale accedere al linguaggio dei simboli posseduto da una dimensione ben profonda dell’umanità, aveva una veste antica: nei sogni, Jung non ritrovò solamente lo scorcio deformato dei desideri e delle tristezze di una vita singola, così come avevano insegnato i maestri che lo precedettero, ma tutta la storia dell’umanità, tutto un bagaglio di esperienze, di saggezze e di immagini che non poteva appartenere ad una sola personalità proprio perché abbracciava tempi e spazi all’apparenza infiniti. Ogni uomo, di ogni tempo e di ogni cultura definita, per Jung accedeva, nel sogno come nel processo immaginativo, nel “vasto contenitore, vecchio di milioni di anni, dentro il quale dimorano forze, potenze e capacità universali” che lo stesso chiamò “Inconscio collettivo”. L’inconscio collettivo fu certamente una rivoluzione: questo parla il linguaggio arcaico dell’uomo, quel linguaggio accantonato, una volta manifestate la ragione e l’espressione verbale. Eppure, in esso, i misteri dell’uomo, racchiusi spesso entro simboli incomprensibili ai più, rivelano la profondità, la diversità e, al contempo, una finalità ben diversa da quella che vuole l’Umanità chiusa entro spazi e tempi definiti. Nell’indagine dei simboli contenuti nei sogni, ma non solo, egli ritrova miti, misticismi e religioni, culti, immagini, suoni e colori che ricamano la storia di tutta l’umanità… forse da quell’indefinibile momento durante il quale tutto ebbe inizio.
Jung fu un eccellente ricercatore di mitologie perse nel tempo, indagatore di quei possibili legami tra linguaggi primordiali e riflessi simbolici. Con lui si aprì alla cultura del tempo un altro arcano che fu l’alchimia, nella lettura di una filosofia integrale, “ermetica” appunto, che parlasse di anima e uomini, prima che di bronzo ed oro nella loro accezione materiale. Con Jung la psicologia si apre dunque alla ricerca, nel senso più nobile che questa possa concepire: “ebbene sì, un’impresa laboriosa e affascinante che riduce sempre più lo scarto tra ogni uomo e la verità”.