Da una moneta d’argento alla volsca Signia

In una teca di un museo, stavo osservando, distrattamente, le monete, una accanto all’altra, col pensiero rivolto ai mosaici della sala accanto, quando la mia attenzione è attratta dal disegno di una moneta d’argento con la scritta SEIC.
Una moneta romana con quella scritta? Interessante, chissà cosa si nasconderà dietro questa sigla… e nelle pagine di un’enciclopedia, con mia grande sorpresa, passo dalla iniziale curiosità ad un interesse profondo che la storia ha sempre suscitato in me.
Scopro che si tratta di moneta della città latina di Signia, l’odierna Segni, che aveva l’autorizzazione di Roma per coniare in proprio.

Sull’altra faccia appare il dio Mercurio Signinum. L’autore mi dice che il nome della città sembra derivare dalla scritta SEIC o dall’appellativo di Mercurio e, continuando la lettura, davanti ai miei occhi passano secoli e secoli di storia di una potente città.
Così, visto che Segni si trova a pochi chilometri da Roma, tra i Monti Volsci nella catena dei Lepini, un fine settimana partiamo alla scoperta di questo piccolo gioiello.
Il panorama che ci accompagna è quello di boschi e campagna insieme, fino ad arrivare nella Valle del fiume Sacco. È qui che la volsca Signia ha le sue radici, fin dalla remota età del bronzo.
Il nostro giro inizia dal Museo archeologico, piccola perla di questa graziosa cittadina. Qui scopriamo l’importanza di Signia: si trova proprio sulla direttrice che mette in contatto l’Alto Lazio con il Basso Lazio e la Campania. Si trattava quindi di un punto strategico; addirittura, Tarquinio il Superbo inviò sul luogo coloni romani ed una milizia per proteggere le vie di accesso a Roma.
Signia è una città-stato, autonoma fino al 340 a.C., quando è conquistata dai Romani che le lasciano comunque una notevole indipendenza.
I Segnini sono uno dei popoli che sottoscrivono il Foedus Cassianum, il patto d’alleanza tra le città latine e Roma (493 a.C.) e saranno suoi fedeli alleati sempre; per questo è scelta come terra di confino per i prigionieri cartaginesi durante la guerra contro Annibale.
Continuerà ad essere protagonista nella guerra tra Mario e Silla. Questa volta, però, schieratasi dalla parte perdente, sarà severamente punita dal dittatore Silla. Nell’89 a.C., durante la guerra marsica, la città diviene Municipio ed ha il diritto di fregiarsi della sigla S.P.Q.S. (Senatus PopulusQue Signinus). Continuerà ad essere fiorente fino all’epoca imperiale, in cui sarà adornata di vari templi, come quelloi in onore della Dea Bona, di Ercole e di numerose divinità minori; di un Foro; di un monumento all’imperatore Marco Aurelio Antonino, detto Caracalla, e, intorno alle sue mura, sorgeranno numerosissime lussuose ville.
Dal Museo passiamo a visitare i resti archeologici: con che imponenza si innalzano ancora gran parte delle mura ciclopiche! Sono composte da una doppia cortina: quella esterna, costituita da blocchi di calcare irregolari, e quella interna, da piccoli blocchetti non lavorati. Esse esercitano su di noi un fascino particolare, ci riportano un’eco di suoni di ruote di carri, di cavalli e di gente che oltrepassano le sue sette porte.
Entriamo dalla imponente Porta Saracena, con architrave monolitico, consci di quanti personaggi importanti o no, nei secoli lo hanno fatto prima di noi.
Da lì, con un piccolo esercizio di immaginazione, saliamo sull’Acropoli. Il grande complesso monumentale sorge su muraglioni in opera poligonale ed al centro si trova il tempio dedicato a Giunone Moneta. Parte dei suoi resti sono inglobati nella chiesa di San Pietro, del XIII secolo, che si erge proprio al centro della cella mediana dell’antico tempio. Un luogo santo che si erge un altro, a testimone della sacralità del luogo stesso!
Ma ancora una sorpresa ci attende, la Cisterna Romana, una delle tante che approvvigionavano la città, costruita in mattoni di tufo cementati con l’opus signinum; questa particolare calce caratteristica del luogo, era famosa per la sua resistenza e permeabilità.
Nel Ninfeo troviamo, come era costume dei tempi antichi, la firma del suo progettista, Quintus Mutius, scolpita nella pietra.
Lungo la via del ritorno, chiediamo di vedere il Foro, ma di esso rimangono all’esterno solo le grandi strutture di terrazzamento. Per poter essere sul luogo dove si ergeva il centro del Foro, entriamo nella cattedrale di Santa Maria che è stata costruita proprio sopra.
Ormai siamo immersi in un’altra atmosfera; ci giungono le note di un canto gregoriano; sapete che qui, verso la fine del VI secolo d.C., nacque Vitaliano che fu Papa dal 657 al 672 e che, tra le altre cose, fu il fautore della diffusione del canto gregoriano?
Il tempo è trascorso e siamo già all’epoca del Ducato di Segni. Fermiamoci qui, a queste pagine di Storia; sta a voi scoprire i prossimi capitoli quando visiterete Segni.