I VENETI, il popolo dei cavalli

Aperti davanti a me ho dei libri sui Paleoveneti, un’enciclopedia, vari documenti, e devo accingermi a scrivere l’articolo: quanti dati e poca ispirazione!
Apro allora Internet: alla voce “Veneti” e mi appare sullo schermo un’immagine, con due dettagli importanti di questa popolazione. Questo disegno dai tratti semplici e con poche parole, ideato e fatto per mano di un bambino di IV elementare; racchiude un tesoro: usi, costumi, simboli, credenze. Sorprendente è la chiarezza che un bambino ha nel cogliere dati essenziali: la divinità ed il cavallo.
Sì, i Veneti erano anche soprannominati il Popolo dei cavalli perché, stando alla loro radice indoeuropea, una caratteristica era l’allevamento dei cavalli. Divennero famosi per la qualità dei loro animali e, essendo l’Alto Veneto un crocevia tra l’Europa occidentale e quella orientale, pensate quanto sia stato facile iniziare il loro commercio, che si estese poi anche all’ambra ed ai manufatti propri della zona; divennero, così, un polo commerciale tra i vari popoli.
Gli studiosi li chiamano Paloeveneti per non confonderli con i Veneti latini e con quelli odierni. Essi si stabilirono intorno all’XI-X secolo a.C. nell’Alto Veneto fondando vari centri importanti che corrispondono oggi ad importanti centri della regione: Padova, Vicenza, Este.
La tradizione li vuole di discendenza troiana. Così canta Virgilio nel suo poema; ne parlano Tito Livio (nel suo Ab Urbe condita, libro X), Omero, Sofocle, Erodoto.
Tutti loro narrano che Antenore, alleato dei Troiani, dopo la sconfitta partì con la sua gente, originaria della Paflagonia sulle coste del Mar Nero, per approdare sulle coste venete, penetrò nel territorio e scelse la zona per fondare una nuova città, dando così vita ad un nuovo popolo, i Paleoveneti. Il loro nome significa Vincitori; la loro lingua, il venetico, di origine indoeuropea, sarà tradotta grazie ad un alfabeto composto da 22 lettere che ha corrispondenze con l’alfabeto etrusco; questo ha permesso la trascrizione di brevi frasi sui reperti ritrovati soprattutto nei luoghi di culto e nelle tombe. E grazie ai reperti sappiamo cosa indossavano: gli uomini, ampi mantelli di stoffa spessa e bitorzoluta, con calzari a punta, grandi cappelli a larghe tese o semplici baschetti; le donne vesti lunghe, uno scialle, un cinturone, stivali e gioielli finemente lavorati con ambra, oro e pasta di vetro ed anelli traforati in argento.
A proposito delle credenze religiose di questo popolo, non si hanno ritrovamenti di costruzioni sacre, per questo si è portati a credere che utilizzassero luoghi aperti, in mezzo alla natura, recintati forse, comunque sempre vicini a corsi d’acqua. Poco conosciamo delle cerimonie, ma gli ex voto ritrovati, piccole tazze, mestoli di bronzo, confermano che si tratta di elementi legati all’offerta di acqua. A San Pietro in Montagnon, al centro di un laghetto, c’era una piccola isoletta con un luogo di culto; i devoti deponevano sull’acqua le offerte votive dedicate agli dei, ed in particolare a Pora Reitia, la dea più onorata, dalle molteplici funzioni: Signora della natura, della fecondità, colei che presiede allo scorrere delle stagioni, alle nascite (Pora, colei che “insegna a cercare la vita”) all’educazione dei giovani, dea sanante, dea delle porte che introducono ai vari mondi, dea della scrittura, restauratrice dell’ordine (da rekt, raddrizzare), dea dei commerci. Compare sempre riccamente vestita, con abito lungo fino alle ginocchia, stretto in vita da un grande cinturone composto da placche in bronzo sbalzato, stivali di cuoio con i bordi arrotolati; importanti acconciature ornano il viso ed il collo impreziositi da collane ed orecchini. Tra le mani tiene una chiave, pronta ad aprire o chiudere le porte che comunicano i mondi, il ciclo della natura e della vita.
La maggior parte del patrimonio di informazioni sulla cultura paleoveneta proviene dallo studio delle necropoli. La struttura sociale stessa ci appare dal corredo funebre, più o meno ricco a seconda del rango del defunto. I centri abitati purtroppo, nel corso dei millenni hanno visto ricostruzioni su ricostruzioni sugli stessi luoghi, quindi è difficile poter arrivare a tempi così antichi. Ma basta entrare nei vari musei sparsi sul territorio per ritrovare il profumo di questo ramo della nostra famiglia: l’ambientazione è tale, che con un semplice tuffo dell’immaginario, vediamo animarsi i gruppi di statuine, con a lato i vari corredi ed utensili... E nell’incanto di montagne, boschi e fiumi, sotto la protezione degli antichi dei, scorre la vita dei Paleoveneti, gente coraggiosa, indomita, fiera della sua origine, di un ideale di vita da tramandare ai posteri, che manterrà la sua individualità apportando la sua grandezza al grande mosaico della civiltà romana.