L'altra faccia di Facebook

 

L'altra faccia di Facebook

 

Ecco alcune semplici buone regole per l’autoregolamentazione degli utenti indicati dal Garante della Privacy nella Giornata Europea della protezione dei dati
personali:
- Autogoverno: pensarci bene prima di pubblicare i nostri dati; Uso consapevole cioè sapere che qualunque immagine o informazione messa in rete vi rimane e riemerge anche dopo molti anni attraverso i motori di ricerca;

- Rispetto dei terzi perché non si possono pubblicare dati e foto di altri senza il loro consenso;

- Essere informati su chi gestisce il servizio e che garanzie di privacy dà;

- Usare login e password diversi rispetto a quelli che servono per entrare in web mail o conti correnti on line.

Il facebookiano parla di sé seduto davanti allo schermo come se si trovasse in un confessionale, ma in realtà apre una finestra sul mondo e quando la vuole chiudere a causa di improvvise folate di vento o temporali non è più possibile.

I suoi dati, immagini, emozioni storie non gli appartengono più ma sono a disposizione di chiunque e rimangono per sempre nel web anche dopo la chiusura dell’account e captati dai famelici motori di ricerca.

I più a rischio sono i giovani che con molta facilità pubblicano di tutto ed il diciottenne di oggi che documenta la sua bravata fatta magari per scommessa con gli amici, non ricollegherà mai un cortese diniego di assunzione a quello che ha messo in rete appena maggiorenne.

Ed ecco che allora si scopre l’altra faccia di Facebook: il social network amico può trasformarsi nel più odiato nemico. Non più luogo virtuale dove incontrare gli “amici”, ma freddo raccoglitore di dati perché in realtà Egli vive dei nostri dati, li rivende a terzi, in genere ad aziende per le loro ricerche di mercato e senza fare nulla, dato che tutto il lavoro lo fa l’utente che si scheda, si classifica e dà il consenso alla libera circolazione del profilo.

A nulla vale dire “Ma io non lo sapevo!”, Facebook non dà possibilità di redenzione: tutto è scritto nelle condizioni d’uso. Che poi queste non siano volutamente chiare, beh!,la legge non ammette ignoranza!